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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 495

Giulio A. Lucchetta

Scienza e retorica in Aristotele. Sulle radici omeriche delle metafore aristoteliche. Prefazione di Enrico Berti. Con una presentazione di Giovanni Giorgini e un contributo in Appendice di Michele di Febo: “Aristotele e l’autonomia del testo: cinque medaglioni omerici (Quaest. Hom. frr. 158, 172, 147, 165, 143 Rose)”.

ISBN 978-88-7588-392-8, 2024, pp. 280, formato 140x210 mm., Euro 25 – Collana “il giogo” [199].

In copertina: Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, Aristotele contempla il busto di Omero, olio su tela, 1653, Metropolitan Museum, New York.

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Studiare la logica e la scienza antiche significa di solito riferirsi a quelle forme di dimostrazione esatta come il sillogismo o la confutazione dialettica. Ma gli autori antichi disponevano di altri strumenti: la capacità di elaborare modelli, esempi e analogie, e l’arte di convincere della loro bontà (mai come nella filosofia naturale classica la retorica risulta il fondamento delle più complesse teorie). L’Autore, dopo aver inquadrato natura e usi della metafora, ricostruisce l’impalcatura metaforica aristotelica e il suo debito con l’epica omerica perlustrando quattro opere: Retorica, De generatione animalium, Fisica e Metafisica. I vegetali, la calamita, la selva, la macina del mulino, le acque dell’Oceano: altrettanti oggetti metaforici che una volta riportati al loro terreno originario – l’Odissea, fonte inesauribile di immagini fantastiche e situazioni archetipiche – contribuiscono alla definizione dell’universo della memoria ellenica, danno ragione del carattere naturalistico della riflessione aristotelica e, per contrasto, consentono di capire come certi concetti-chiave della filosofia aristotelica (quello di materia, o di tempo) risultassero incomprensibili a chi, come gli Arabi, ignorasse quel rinvio. Rinvio che invece non sfugge a Dante, ignaro di greco ma profondamente legato alla mitologia omerica.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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