La presente ricerca è la terza condotta sul pensiero di Russell e intende costituire una sorta di ponte tra le due precedenti: l’una (Un «processo di ispezione»: Russell e le vie dell’analisi. un percorso nei testi (1895-1910), Aracne Editrice, Canterano (RM) 2020) dedicata alle origini dell’indagine logica di Russell, l’altra (Russell e Wittgenstein: un lungo addio. Cambridge, 1911-1913, Petite Plaisance Editrice, Pistoia 2023) al suo complesso rapporto con il giovane Wittgenstein e ai relativi contraccolpi sulla sua produzione.
La ricerca si focalizza sull’evoluzione della filosofia di Russell e sulla sua concezione della vita intellettuale, tracciandone il percorso dall’iniziale platonismo logico all’adozione dell’analisi logica come metodo per una filosofia rigorosa e collaborativa, e prende in esame le riflessioni di Russell sulla religione, l’amore, il ruolo della scienza e della filosofia e la loro incidenza nella sua visione dell’esistenza umana.
Dedico il lavoro alla memoria dei miei genitori.
Dario Zucchello
Como, Natale 2024
Introduzione
Quale filosofia?
The worship of passion has, I confess, a great instinctive attraction for me, but to my reason it is utterly abhorrent.1
Bertrand Russell (1872-1970) non ha mai fatto mistero delle motivazioni all’origine delle sue indagini filosofiche: la sua autobiografia intellettuale (1959) è in tal senso molto esplicita:
Il mio interesse originario per la filosofia ebbe due fonti. Da un lato ero ansioso di scoprire se la filosofia potesse fornire qualche difesa per tutto ciò che poteva essere chiamato credenza religiosa, per quanto vaga; d’altra parte, volevo persuadermi che si potesse conoscere qualcosa, se non altro in matematica pura.2
In modo analogo, nel 1952, sollecitato in proposito (What caused your interest in philosophy?) da Romney Wheeler nel corso di una intervista televisiva,3 Russell aveva indicato che cosa lo avesse originariamente spinto alla filosofia: da un lato il desiderio di comprendere i principi della matematica (I wanted to understand the principles of mathematics) e cercare verità in quell’ambito, dall’altro, la speranza di trovare un fondamento per la propria fede religiosa. Le aspirazioni relative alla matematica erano risultate sostanzialmente soddisfatte; le altre no:
Per un certo periodo, ricavai una certa soddisfazione nell’eterno mondo platonico delle idee, che presentava un vago sapore religioso che trovavo appagante. Ma poi arrivai alla conclusione che si trattava di insensatezza e mi ritrovai deluso…
In questo senso, al di là delle basi tecniche della matematica (technical basis of mathematics), l’esperienza filosofica si era rivelata in principio frustrante (philosophy proved washed out to me). A metà degli anni 1940, Russell, tracciando un bilancio delle proprie esperienze intellettuali, ne aveva tratto un quadro piuttosto negativo:
I miei percorsi intellettuali sono stati, per certi aspetti, deludenti.4
Molte delle aspirazioni giovanili, infatti, si erano rivelate illusorie, in primo luogo la speranza di trovare nella filosofia soddisfazione religiosa (I hoped to find religious satisfaction in philosophy) e nella matematica «qualcosa di non umano da ammirare» (something non-human to admire). Insoddisfatto era rimasto anche il desiderio (romantico) di giustificare le emozioni suscitate da certi fenomeni al di fuori della vita umana: lo spettacolo dell’universo e delle sue forze o l’edificio di una verità oggettiva e impersonale (the edifice of impersonal truth) come quella matematica. In ciò la filosofia, insomma, non aveva offerto consolazione. E tuttavia, da un punto di vista puramente intellettuale, essa aveva fornito grandi soddisfazioni:
Molte questioni che, quando ero giovane, mi sconcertavano per la vaghezza di tutto ciò che veniva detto al riguardo, sono ora riconducibili a una tecnica esatta, che rende possibile il tipo di progresso che è consueto nella scienza.5
La tecnica in questione, più specificamente, era individuata nell’«analisi logica» (logical analysis), che offriva strumenti non solo per la ricerca, ma anche per la comunicazione e la condivisione dei risultati, in forza della chiarezza che poteva garantire:
Quei filosofi che hanno adottato i metodi derivati dall’analisi logica possono discutere tra loro, non nel vecchio modo senza scopo, ma in modo cooperativo, in modo che entrambe le parti possano concordare sul risultato. Questa estensione della sfera della ragione a nuovi ambiti è qualcosa che apprezzo molto.6
La «chiarezza» (clarity) e il «pensiero esatto» (exact thinking) erano molto importanti per l’umanità, dal momento che da essi dipendeva la riduzione di quella forma di autoinganno (self-deception) rappresentato dai pregiudizi. In questo senso, alla metà del secolo, Russell poteva rinnovare la fiducia nella «filosofia astratta» (abstract philosophy) e rivendicare la propria passione intellettuale:
Anch’io ho una passione per la chiarezza, l’esattezza e i contorni netti. Per qualche ragione che non ho mai capito, questo fa pensare alla gente che non ho passioni, che sono un “pesce freddo” [cold fish].7
Scopo del presente lavoro è indagare intorno a tale passione: assumendo come punto di partenza le tensioni che lo stesso Russell individua alle origini delle proprie ricerche, esso intende esplorarle e capire se e come esse siano state risolte all’interno della sua produzione (dei primi due decenni del XX secolo). Come vedremo, infatti, in essa si riflette «una bipolarità presente nella natura di Russell» (a bipolarity in Russell’s nature)8 che, pur essendo stata colta dagli interpreti, non sempre è stata valorizzata.
Valga per tutti quanto ebbero a scrivere in merito, a ridosso della morte di Russell, Alfred Ayer e Ronald Jager. Il primo non aveva mancato di segnalare il suo «temperamento religioso» (religious temper), sebbene non gli attribuisse una incidenza decisiva sull’insieme della filosofia di Russell:
Russell non è mai stato un teista o [...] un amico della religione organizzata, ma è stato un uomo dal temperamento religioso. In gioventù, il suo atteggiamento verso la matematica era quasi mistico; egli fu sempre sensibile alla natura e alla poesia romantica, e il suo desiderio che l’esistenza umana avesse un significato si rifletteva nelle tensioni emotive della sua vita privata e nella passione che portò in politica. Allo stesso tempo, tale tensione mistica fu bilanciata da un forte senso dell’ironia, e da un’intelligenza scettica e analitica, ed ebbe scarso risalto nella sua filosofia.9
Ronald Jager, al contrario, si spingeva a sostenere che in Russell la religione fosse «molto più delicatamente intrecciata» (far more delicately interwoven) con il resto della sua filosofia di quanto non apparisse.10 In particolare, quanto scritto da Russell sulla religione prima del 1925 risultava non solo di interesse intrinseco, ma illuminante per la comprensione della sua filosofia:11 la metafisica di Russell si sarebbe addirittura sviluppata «di pari passo» (hand in glove) con l’evoluzione delle sue opinioni religiose.12 Nello specifico, la metafisica analitica sviluppata tra 1902 e 1927 sarebbe stata ispirata dal bisogno religioso di rendere il mondo più umanamente accettabile, rispetto alla «visione desolante» (the bleak vision) di un universo del tutto ostile agli ideali umani (entirely hostile to human ideals) quale emergeva dai primi scritti di Russell.13
Con l’atomismo logico, secondo Jager, Russell avrebbe, insomma, proposto «una reinterpretazione metafisica del mondo» (a metaphysical reinterpretation of the world), trasformandolo e rimodellandolo in funzione di esigenze emotive e spirituali:
La riconciliazione, che è sia religiosa sia filosofica, arriva solo con un universo ricostituito. Quando i numeri erano stati ricostruiti a partire dalle classi, era sembrato che essi avessero perso qualcosa della loro distanza e del loro fascino; quando il mondo è ricostruito a partire dai dati dei sensi, esso perde il suo terrore; quando il Sé è ricostruito a partire dai dati neutri dell’esperienza immediata, perde i mezzi per protestare. In una tale atmosfera, densa di metafisica e carica di scienza, il freddo contorno della nuova logica spazzò via la calda e umida nebbia del misticismo e irruppero le nubi della filosofia analitica.14
Il compito che assumiamo introduttivamente è quello di procedere, attraverso l’esame dei testi di Russell, a districare la questione, chiarendone i termini.
Per iniziare: una chiave
Richiesto, nel corso di un’intervista del 1960, di definirsi come filosofo (What kind of philosopher would you say you are?), il quasi novantenne Russell, pur esitando a utilizzare un’etichetta, ne concesse comunque una:
Beh, l’unica etichetta che mi sia mai attribuito è «atomista logico», ma non mi piacciono molto le etichette. Ho sempre preferito evitare le etichette.15
Incalzato dall’intervistatore (What does that mean? A logical atomist), Russell in quell’occasione precisò in questi termini il significato dell’espressione:
Significa per me che il modo per arrivare a cogliere la natura di qualsiasi oggetto in esame è l’analisi e che è possibile procedere nell’analisi finché non si arrivi a cose che non possono essere ulteriormente analizzate: esse sono appunto gli atomi logici. Li chiamo atomi logici perché non sono piccoli frammenti di materia, ma sono, per così dire, idee: idee da cui si costruisce una cosa.16
Descrivendo la sua filosofia come atomismo logico, Russell si riferiva, quindi, sia (i) a un punto di vista metafisico secondo il quale il mondo consisterebbe in una pluralità di enti indipendenti, dotati di qualità e in relazioni reciproche , sia (ii) a un certo modo di intendere la ricerca filosofica, a una certa metodologia: l’analisi logica, uno strumento precocemente introdotto nelle sue ricerche, attraverso i cui processi nozioni complesse erano ricondotte a (e ricostruite da) altre più semplici.17
In modo analogo, egli aveva presentato la propria posizione filosofica, molti decenni prima (1918), introducendo un ciclo di lezioni/conferenze pubbliche:18
Il tipo di filosofia che intendo sostenere, che chiamo «atomismo logico», si è imposto alla mia attenzione nel corso della riflessione sulla filosofia della matematica, anche se mi risulta difficile dire esattamente fino a che punto esista una connessione logica definita tra le due.19
Richiamandosi alla riduzione operata nei Principles of Mathematics (1903) di tutta la matematica a logica, Russell prospettava, in forma schematica (in a sort of outline), una certa dottrina logica e, sulla scorta di essa, una certa metafisica (a certain kind of logical doctrine, and on the basis of this a certain kind of Metaphysic), caratterizzata in senso anti-idealistico:
La logica che sostengo è atomistica, in contrapposizione alla logica monistica di coloro che seguono, più o meno da vicino, Hegel.20 Quando affermo che la mia logica è atomistica, intendo dire che condivido la convinzione di senso comune secondo la quale esistono molte cose distinte e separate…21
Russell chiaramente individuava nell’analisi (logica) l’elemento essenziale del proprio atomismo logico:
una parte considerevole dello sforzo richiesto per giustificare il tipo di filosofia che intendo sostenere consiste nel giustificare il processo di analisi.22
Ciò era ribadito in quella che fu la sua prima uscita ufficiale come filosofo anglosassone: nell’autopresentazione “Logical Atomism” preparata (1923) per la raccolta Contemporary British Philosophy (1924), a cura di J.H. Muirhead, in cui eminenti pensatori britannici erano stati invitati a esporre le proprie concezioni filosofiche:
Ritengo che la logica sia ciò che è fondamentale in filosofia, e che le scuole dovrebbero essere caratterizzate piuttosto dalla loro logica che dalla loro metafisica. La mia logica è atomica, ed è su questo aspetto che vorrei porre l’accento. Pertanto preferisco descrivere la mia filosofia come «atomismo logico»…23
Il nesso tra atomismo logico e analisi aiuta a comprendere la dichiarazione con cui Russell avrebbe indicato, nella sua autobiografia intellettuale (My Philosophical Development), la principale svolta nella propria attività filosofica:
Vi è nel mio lavoro filosofico uno spartiacque fondamentale: negli anni 1899-1900 adottai la filosofia dell’atomismo logico e la tecnica di Peano in logica matematica. Questa fu una rivoluzione così grande da rendere il mio lavoro precedente, a eccezione di quello puramente matematico, irrilevante per tutto ciò che feci in seguito.24
Se il rilievo di Russell sull’incidenza della tecnica di Peano nella propria riflessione logico-matematica è in linea con quanto egli a più riprese ebbe modo di ribadire, l’accostamento tra adozione di quel modello e elaborazione della «filosofia dell’atomismo logico» (the philosophy of logical atomism) appare anacronistico: se non altro, perché l’espressione non è documentata nei testi di Russell prima del 1911, quando fu utilizzata nel paper “Le Réalisme Analytique”.
Nella tarda maturità, evidentemente, Russell aveva finito per impiegare l’espressione «atomismo logico» come formula riassuntiva dell’intero suo itinerario filosofico, di cui, proprio nell’opera del 1959, rivendicava l’obiettivo fondamentale: «comprendere il mondo» (my fundamental aim has been to understand the world).25
Una precisazione preliminare è d’obbligo: nonostante la consapevolezza dell’incidenza del fattore linguistico nelle superfetazioni metafisiche e la conseguente attenzione rivolta agli errori commessi a causa del linguaggio, il peso dell’analisi linguistica nel progetto russelliano è comunque limitato. Certamente, soprattutto sotto l’influenza del Tractatus di Wittgenstein, Russell ebbe occasione di insistere su quel fattore, per esempio in “Vagueness” (1923):
quasi tutto il pensiero che pretende di essere filosofico o logico consiste nell’attribuire al mondo le proprietà del linguaggio.26
Il linguaggio in quanto evento (language really occurs) presentava effettivamente le proprietà comuni a tutti gli eventi, e, in questo senso, una metafisica basata su considerazioni linguistiche aveva una ragion d’essere. D’altra parte, il linguaggio aveva anche molte proprietà non condivise dalle cose in generale:
quando queste proprietà si intromettono nella nostra metafisica, essa diventa del tutto fuorviante.27
Russell era dunque disposto a riconoscere l’utilità dell’analisi linguistica e a concedere che lo studio dei principi del simbolismo avrebbe consentito di «evitare inferenze fallaci dai simboli alle cose» (to avoid fallacious inferences from symbols to things).28 Ma la filosofia non poteva né doveva essere ridotta ad analisi linguistica.
Nella propria autobiografia intellettuale (1959), infatti, pur confermando la propria fede nell’analisi (I feel strongly about the importance of analysis), Russell prese posizione contro la «nuova filosofia» (the new philosophy) ispirata alle Philosophical Investigations di Wittgenstein,29 colpevole (secondo Russell) di limitare l’oggetto della filosofia ai soli enunciati linguistici, come se il linguaggio si potesse separare completamente dal mondo dei fatti, confrontando solo enunciati con enunciati.30 In tale occasione, Russell rivendicò come obiettivo fondamentale dei propri sforzi filosofici quello (cognitivo) di «comprendere il mondo» (to understand the world), separando ciò che si può considerare conoscenza da ciò che si deve rifiutare come opinione infondata:
mi sembra che la nuova filosofia abbia abbandonato senza necessità quel compito grave e importante che la filosofia nel corso dei secoli ha perseguito fino a oggi. I filosofi da Talete in poi hanno cercato di comprendere il mondo. La maggior parte di loro si è mostrata eccessivamente ottimista riguardo ai propri successi. Ma anche quando essi hanno fallito, hanno comunque fornito materiale ai loro successori e un incentivo a nuovi sforzi. Non mi pare che la nuova filosofia sia impegnata a portare avanti questa tradizione. Sembra interessarsi non del mondo e della nostra relazione con esso, ma solo dei diversi modi in cui persone sciocche possono dire cose sciocche. Se questo è tutto ciò che la filosofia ha da offrire, non posso pensare che sia una materia degna di studio.31
La «nuova filosofia, insomma, avrebbe secondo Russell banalizzato la filosofia, nel tentativo di separarla nettamente dalla scienza empirica. In ciò risiedeva un rischio, dal momento che il valore di una filosofia dipendeva dall’ampia e solida base di conoscenze (non specificamente filosofiche) su cui essa era costruita. Una filosofia che non traesse alimento da tale terreno sarebbe presto appassita (will soon wither and cease to grow).
Analisi e contemplazione
Come si inscrive il contributo dell’«analisi» alla filosofia in tale contesto? Per rispondere a tale interrogativo, la nostra ricerca si concentrerà sui lineamenti generali della riflessione di Russell in due fasi della sua attività.
La prima è quella che riguarda la ricerca intorno ai «fondamenti della matematica» (the foundations of mathematics), da The Principles of Mathematics (1903) ai Principia Mathematica (1910-1913). È durante questa fase che il metodo analitico fu progressivamente determinato e affinato, superando progressivamente quell’atteggiamento «quasi mistico» (almost mystical) verso la matematica di cui ha parlato Ayer: la ricerca della certezza in tale ambito è stata interpretata come un sostituto, un succedaneo del giovanile ardore di Russell per le verità della fede, o come essa stessa religiosamente motivata, espressione dei suoi impulsi religiosi.32
La seconda fase, che si può intendere come sviluppo e applicazione dei risultati della prima ad ambiti diversi da quello matematico, è quella in cui Russell avrebbe esplicitamente utilizzato la formula «filosofia dell’atomismo logico» per indicare un programma di ricerca improntato a una rigorosa analisi logico-linguistica (ispirata da pensatori come Peano e Frege).33 Centrale in tale programma risultava l’idea che le entità complesse potessero essere comprese tramite la loro scomposizione in costituenti semplici e l’eliminazione di concetti superflui (superfetazioni linguistiche). Sfruttando gli esiti dei Principia Mathematica, Russell prendeva le distanze dalla filosofia tradizionale, considerata troppo vaga e incline a speculazioni metafisiche, proponendosi un ambizioso progetto di rinnovamento filosofico, volto a conferire alla filosofia un rigore e una fecondità paragonabili a quelli della scienza.
Nel corso di questo sviluppo, l’esame della corrispondenza, della produzione saggistica e dei tentativi letterari di Russell nel primo quindicennio del secolo XX fa emergere un orientamento apparentemente in tensione con quella linea analitica: un Russell contemplativo e addirittura “mistico”. L’altro volto della sua “bipolare” natura filosofica. Le fonti documentano un percorso segnato, per un verso, dalla piena adesione alla prospettiva scientifica di un universo indifferente alle aspirazioni umane, dall’altro dall’apprezzamento per l’esperienza religiosa, nei cui confronti l’atteggiamento di Russell appare complesso. Da un lato, egli riconosceva l’attrazione e il valore dell’«emozione mistica», fonte potenziale di una vita «più nobile, felice e libera», e la capacità del misticismo di ispirare un senso di unità con l’universo e di promuovere la sua piena accettazione. Dall’altro, egli negava la possibilità di tradurre quell’emozione in conoscenza oggettiva del mondo, criticando la tendenza del misticismo a formulare dottrine metafisiche basate su esperienze soggettive. In ogni caso, non è azzardato suggerire che il misticismo abbia avuto un impatto significativo sul pensiero di Russell: quando egli sottolineava come la filosofia scientifica mirasse solo a comprendere il mondo, senza l’intrusione di nozioni etiche che ne avrebbero condizionato la sottomissione ai fatti, vera essenza del «temperamento scientifico». La sua enfasi sulla neutralità etica e sull’impersonalità della visione si rivelava infatti cruciale tanto nell’esperienza mistica quanto nella scienza: questo ha autorizzato il conio di espressioni (in apparenza ossimori) come «misticismo scientifico»34 per indicare il peculiare sguardo imparziale e oggettivo sul mondo adottato in “Mysticism and Logic” e Our Knowledge of the External World.
L’esigenza di tenere insieme i due aspetti della complessa personalità di Russell per una adeguata comprensione del suo pensiero era già chiaramente avvertita all’epoca. Contestando la tendenza diffusa a valorizzare unilateralmente il lavoro in logica matematica ed epistemologia nella ricostruzione della sua posizione, ignorando opere come “The Free Man’s Worship” (1903), “The Study of Mathematics” (1907) e “The Essence of Religion” (1912), R.F. Alfred Hoernlé osservava (1916):
A me questo atteggiamento sembra del tutto sbagliato. La religione del signor Russell mi pare essere una parte essenziale, non solo dell’uomo stesso […], ma di tutta la sua filosofia […]35
La religione cui qui Hoernlé si riferisce è «una religione senza dogmi» (a religion without dogma), in Russell radicata nella «contemplazione filosofica», in cui troverebbe espressione «la voce del Mistico» (the Mystic’s voice), come nel capitolo finale di The Problems of Philosophy (1912):
Lì parla di filosofia con lo stesso linguaggio pieno di fervore con cui altrove parla di religione.36
Sarà nostro compito cercare di mostrare come, a partire dai testi editi e inediti, la tensione tra i due lati in conflitto della sua personalità (the warring sides in him) quello logico-analitico e quello mistico-contemplativo , possa essere risolta. In questo condividendo la preoccupazione con cui Hoernlé si rivolgeva ai contemporanei:
Fin tanto che si ignori questo lato della sua opera, mi sembra che si corra il pericolo non solo di perdere una parte essenziale e preziosa della sua filosofia, ma anche di trarre vantaggio da quella parte di essa che, presa isolatamente, non può che offrire agli interessi filosofici della nostra generazione una direzione falsamente unilaterale.37
Note
1 The Selected Letters of Bertrand Russell. Volume 1: The Private Years (1884-1914) [Selected Letters 1], edited by N. Griffin, Houghton Mifflin Company, Boston-New York-London, 1992, p. 242.
2 B. Russell, My Philosophical Development, with an Appendix, Russell’s Philosophy [MPD], by A. Wood, Simon and Schuster, New York 1959, p. 11. Tutte le traduzioni, quando non diversamente specificato, sono mie.
3 L’intervista (A Conversation with Bertrand Russell), concessa in occasione degli 80 anni di Russell, fu registrata per la serie televisiva NBC Wisdom. È possibile visionarla e leggerne la trascrizione all’URL < https://youtu.be/xL_sMXfzzyA?si=-kpqQpxQ0Ndfze1o >.
4 B. Russell, My Mental Development [MMD], in The Philosophy of Bertrand Russell, The Library of Living Philosophers, edited by P.A. Schilpp, Tudor Publishing Company, New York 1944 (19513), p. 19.
5 MMD, p. 20.
6 MMD, p. 20.
7 A Conversation with Bertrand Russell, cit.
8 Così Richard Rempel e Margaret Moran nella loro introduzione a B. Russell, Contemplation and Action 1902-14 (The Collected Papers of Bertrand Russell. Volume 12), edited by R.A. Rempel, A. Brink and M. Moran, Allen & Unwin, London 1985, p. xv.
9 A.J. Ayer, Bertrand Russell, Viking Press, New York 1972, p. 8.
10 R. Jager, The Development of Bertrand Russell’s Philosophy, Taylor and Francis, New York 2013 (1972), Kindle Edition, p. 488.
11 Ivi, p. 512.
12 Ivi, pp. 523-524.
13 Jager si riferisce, in particolare, a “The Freeman Worship”, originariamente pubblicato su The Independent Review (1903) e più volte ristampato (Philosophical Essays, Mysticism and Logic). Il saggio fu elaborato tra la fine del 1902 e l’inizio del 1903, in una condizione emotiva di grave disagio personale: nella propria autobiografia: Russell riconduce la stesura al periodo più infelice della sua vita (The most unhappy moments of my life). B. Russell, The Autobiography of Bertrand Russell. Volume One: 1872-1914 [Autobiography 1], George Allen and Unwin, London (19671) 1971, p. 149
14 Jager, The Development … cit., p. 532. Sulla questione S. Nathanson, “Russell’s scientific mysticism”, «Russell» Vol. 5, N. 1 (Summer 1985).
15 Bertrand Russell Discusses Mankind’s Future (1960). L’intervistatore era Woodrow Wyatt. < https://archive.org/details/BertrandRussellDiscussesPhilosophy >.
16 Ibidem.
17 K. Klement, “Russell’s Logical Atomism”, Stanford Encyclopedia of Philosophy (Spring 2020 Edition), E.N. Zalta (ed.), URL = < https://plato.stanford.edu/entries/logical-atomism >, p. 1.
18 Esse furono pubblicate, come The Philosophy of Logical Atomism, su Mind (1918-1919), in seguito nella raccolta (a cura di Robert C. Marsh) Logic and Knowledge. Essays 1901-1950 (1956), quindi in volume (1972), con introduzione di David Pears. Citeremo dall’edizione dei Collected Papers (CP8).
19 PLA, CP8, p. 160.
20 Russell in questo modo si riferisce ai rappresentanti della tradizione idealistica con cui si era formato: in primo luogo McTaggart e Bradley.
21 PLA, CP8, p. 160.
22 PLA, CP8, p. 160.
23 B. Russell, “Logical Atomism” [LA], in Contemporary British Philosophy, ed. J.H. Muirhead, George Allen & Unwin Ltd, London 1924. Citeremo dall’edizione dei Collected Papers. CP9, p. 162.
24 MPD, p. 11.
25 MPD, p. 217.
26 Va, CP9, p. 147. Il paper fu letto nel novembre 1922 davanti alla Jowett Society dell’Università di Oxford, e poi pubblicato, l’anno dopo, sullo Australasian Magazine of Psychology and Philosophy.
27 Ibidem.
28 Ibidem.
29 Nel lessico di Russel, essa era designata come WII, per distinguerla da quella del Tractatus (WI). MPD, p. 216.
30 MPD, pp. 217-218.
31 MPD, p. 230. Russell rispondeva direttamente alle critiche contenute in J.O. Urmson, Philosophical Analysis: Its Development Between the Two World Wars, Oxford at the Clarendon Press, 1956.
32 S. Andersson, In Quest of Certainty. Bertrand Russell’s Search for Certainty in Religion and Mathematics up to The Principles of Mathematics (1903), Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1994, pp. 4-5.
33 B. Linsky, The Metaphysics of Logical Atomism, in The Cambridge Companion to Bertrand Russell, Edited by N. Griffin, Cambridge University Press, Cambridge 2003, p. 371-372.
34 S. Nathanson, “Russell’s scientific mysticism”, «Russell: the Journal of Bertrand Russell Studies » Vol. 5, N. 1 (Summer 1985).
35 R.F.A. Hoernlé, “The Religious Aspect of Bertrand Russell’s Philosophy”, «The Harvard Theological Review», Vol. 9, No. 2 (Apr., 1916), p. 160.
36 Hoernlé, “The Religious Aspect of Bertrand Russell’s Philosophy”, cit., p. 187.
37 Hoernlé, “The Religious Aspect of Bertrand Russell’s Philosophy”, cit., p. 160.
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