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Prender nota dei giorni
di Francesco Giuntini
Prender nota dei giorni, una missione o solo una maniera di tenere in ordine la mente, dove nulla è superfluo, o indegno di memoria. Dove ogni nota finisce per trovare il proprio spazio, farsi una casa e forse darsi pace.
Comincia dai ricordi dell’infanzia il lungo viaggio in prosa di Giovanna Fozzer e si tratta di Radici, un’immagine forte che fissa in un’epoca, una rete di luoghi e di relazioni, il fondamento della persona. È un legame che resta determinante e vitale anche quando non è visibile e potrebbe apparire tenue, all’estraneo che per la prima volta si avvicina. Immagini, suoni, ma anche il profumo dei dolci appena sfornati: i cinque sensi partecipano in qualche misura alla vicenda, e forse ne appare anche qualcuno in più, come la fame del bambino di fronte al carretto del trippaio, al mercato fiorentino delle Cure. Così anche un panino può avere un peso nella storia e l’incerto suo destino rappresenta, in un fotogramma, uno dei tanti volti della città, che non è sfuggito allo sguardo e al cuore di un’osservatrice vigile e attenta, per carattere e per consuetudine, alla voce delle creature più piccole. Amati fummo solo nell’infanzia, una confessione inattesa, tra una sinfonia di colori d’autunno, che si annuncia in cinque parole, mentre il seguito si chiude allo sguardo del lettore, nascosto dentro un punto.
Paesaggi, seconda sezione del libro, sceglie una diversa chiave di lettura della storia, dove a prevalere vuole essere l’immagine, o la scenografia. Ma certo non si tratta di una guida per turisti, come l’autrice testimonia tra le righe di Tavolozza d’autunno:
Come terribilmente ci si accorge di amare un pur insignificante paesaggio, purché sappia di storia interiore, stia in quel deposito lontano e profondo che sussulta e affiora persino imprevedibilmente.
Un paesaggio, quindi, come parte di sé, che si può abbandonare e ritrovare, anche a lunga distanza di tempo,
scrutando dai finestrini d’un piccolo brutto treno, attraverso le gocce di pioggia che frantumano ogni possibilità di visione unitaria.
I quadri si inseguono, dispiace non potersi soffermare su ciascuno. A chiudere, le parole che concludono Agrigento, Agosto 1998:
In me passano ancora, e passeranno, impressioni incantevoli ed emozioni forti, al tornare di quelle immagini racchiuse dalla memoria.
Usignolo, Tiglio e gelsomino sono tra i titoli, e dunque tra i personaggi di Creaturale, terza sezione dedicata, in senso lato, a tutte le creature che abitano la storia, esclusi gli esseri umani, che rappresentano un mondo a parte. Quello delle creature, e lo stesso vale per i bambini, è rappresentato come il luogo dell’innocenza, dove si incontrano le più varie forme di vita a cui ci si può rivolgere dando del tu a ciascuno, senza timore che si senta offeso. Senza timore, anche, d’essere fraintesi, dato che gli sguardi e i gesti comunicano più delle parole.
Estesa e poliedrica è la galleria dei Ritratti, quarta sezione del libro, che affianca una figura personalmente conosciuta ed amata ad un’artista, rammentata soltanto per il suono della sua tastiera, ad un personaggio simbolico come il don Giovanni di Mozart, a scrittrici del XII e del XIII secolo. Ciascuna entra con la sua vicenda e merita un ricordo, per una propria specifica qualità; le distanze, nello spazio e nel tempo, non contano.
Emanazione delle cose è il titolo intrigante della quinta sezione, che riprende quello dell’ultimo, breve componimento che la conclude. Di che si tratta?
È la potenza del non-detto, l’emanazione delle cose, o la vita di esse, che ci travalica. Noi siamo puro incidente, la scheggiatura della pietra nella quale inciampa appena il personaggio proustiano che si inoltra nell’andito di palazzo Guermantes.
Un filo sottile lega le pagine del quinto capitolo. Sono pagine di riflessione, attorno a quanto ci precede, ci sovrasta, o ci supera, per comprendere serve talvolta l’annuncio, forse metaforico, di un angelo. Una meditazione da cui la scrittura matura con lentezza:
Le parole/suono s’erano affollate spontanee nella penna, nella mente, dopo cinque giorni che guardavo e ascoltavo il mare.
Recensioni e commenti, a testi di varia provenienza, affollano l’altra sezione del libro, Poesia e silenzio, a testimoniare impegno e passione di lunga data per la critica letteraria. Narrativa e poesia, teologia e filosofia in varia misura si alternano tra i temi affrontati da Giovanna Fozzer, in articoli pubblicati su riviste, interventi a convegni o in lettere indirizzate agli autori. L’indice dei nomi citati dà un’idea del lavoro qui raccolto, che non si presta a una sintesi ma desta l’ammirazione del lettore per la vastità degli interessi, la profondità dell’analisi critica e la disponibilità a studiare con la stessa attenzione autori grandi e piccoli, noti od ignoti alla storia del pensiero europeo.
Resta l’enigma del titolo, che l’Autrice non ha voluto svelare. Simbolo della libertà e dell’abitudine ad elevarsi al disopra delle terrene vicende quotidiane, il volo Del Gabbiano insegue non sappiamo quale nave, lungo che rotta, a che porto destinata. La risposta è affidata alla fantasia dei lettori.
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