Tsai Ming-liang è una delle figure di punta della seconda ondata del Nuovo Cinema di Taiwan, esordisce nei primi anni Novanta. Caratterizzato da uno stile molto personale e radicale, consente allo spettatore di cogliere immediatamente il tocco della sua regia, ovvero un lento susseguirsi di inquadrature statiche ed indulgenti, come se fossero molteplici pitture in sequenza, in un’ottica molto distante dalle produzioni mainstream.
Ming-liang, porta avanti una visione di cinema anti-spettacolare lontana mille miglia dal richiamo mainstream, dove il valore cultuale e mostrativo del cinema, come forma di spettacolo e intrattenimento, viene sostituito dalla costante osservazione della banale decadenza del quotidiano.
Prima di qualsiasi discorso sociale e umano, a Ming-liang interessa sbirciare nelle pieghe della misera quotidianità, imponendo ad ogni fotogramma la straziante inerzia dell’attesa di un cambiamento.
Andando a snidare la più infinitesimale e apparentemente insignificante porzione di sguardo, ha creato una nuova visione di cinema che prosegue su una doppia traiettoria. La sua visione personale sul mondo e sull’umanità, che contraddistingue il proprio stile, e la visione che dovrebbe tenere lo spettatore posto davanti a un suo film, cambiando completamente approccio di lettura nei riguardi dell’oggetto filmico.
Si potrebbe parlare di una rieducazione allo sguardo spettatoriale, severa e intransigente, atta a risvegliare una coscienza critica e di giudizio lavorando proprio su valori estetici, solitamente poco appaganti per il fruitore abituato a una saturazione visiva e sonora.
|